Centro di accoglienza “Francesco Massaro”
1) Accoglienza dei neonati orfani alla nascita o subito dopo
2) Cura, alimentazione e affettività
3) Inserimento in scuole materne
4) Reinserimento presso il proprio nucleo familiare
5) Adozione o affido presso famiglie locali come alternativa alla mancanza della propria famiglia
IL BAMBINO COME RAPPRESENTANTE DI UNA COMUNITA’ E IL SUO REINSERIMENTO IN FAMIGLIA
Questa fase costituisce il punto cruciale del progetto
In Benin ci sono centinaia di orfanotrofi e non si finirebbe mai di costruire, perché sicuramente non mancherebbero i bambini a riempire ogni genere di struttura. Il contributo che si vuole dare alla società beninese è quello che partendo dal bambino si possa giungere a creare consapevolezza e benessere nella vita delle comunità dalle quali questi piccoli provengono. Il bambino diventa una sorta di tramite per raggiungere l’adulto, il villaggio, la comunità e sarà lui, domani, a portare un contributo innovativo per la crescita della coscienza umana nella società.
Il progetto educativo a livello di villaggio e all’interno delle famiglie permette di rilevare attraverso l’ascolto e l’osservazione i bisogni reali, permette anche di individuare figure di riferimento che riaccoglieranno i bambini, e che inoltre potranno essere di riferimento per l’attuazione di progetti sul territorio (ad esempio il microcredito).
Il bambino che usufruisce del sostegno a distanza e’ il rappresentante di una comunità in crescita di cui lui si fa portavoce e richiamo. Tale richiamo ci fornisce l’opportunità di intervenire a favore dell’intera comunità la quale ha il diritto di riconoscere il proprio valore e di investire i propri talenti. Il capitale umano costituito dai tanti bambini è la ricchezza del futuro dell’Africa, ma l’adulto di oggi deve poter aprire la speranza a tale cambiamento.
Il nostro intervento è solo di accompagnamento, il nostro apporto economico deve essere finalizzato ed investito in un’ottica piu’ vasta del dare da mangiare al singolo bambino; deve fornire strumenti che portino all’autosufficienza, l’incontro con la gente può far scaturire la possibilità nelle persone di scoprirsi protagonisti della propria vita e riappropriarsi della propria dignità , cessare di �dipendere� da un colonialismo mai realmente finito. Riportare il bambino in famiglia, quindi, significa preparare un terreno sul quale lui potrà investire la sua vita . Questo è lo spirito e la determinazione che ci muove come associazione e come persone che si sono assunti questo compito.
A CHE PUNTO SIAMO
Ad oggi il Centro di Accoglienza e Reinserimento Familiare “Francesco Massaro” è formato da due strutture, che si occupano dell’accoglienza e del soggiorno dei neonati abbandonati o orfani alla nascita. Il Centro funziona a pieno regime dal 2006, abbiamo 45 bambini bellissimi, sani ed intelligenti, alcuni di loro sono gia’ rientrati nelle loro famiglie le quali erano state preparate dalle nostre suore, qualcuno è stato adottato da famiglie locali, altri sono ancora in attesa di crescere.
Nel marzo 2009 è stata avviata la costruzione della seconda struttura, assieme al Gruppo Aleimar di Melzo (MI), col quale condividiamo questo progetto. La prima costruzione ospita i neonati, la seconda i bambini che possono già camminare. Il centro è gestito da suore locali dell’ordine O.C.P.S.P. nostre collaboratrici e referenti.
Sempre annesso al Centro “Francesco Massaro”, nel settembre 2011 partiranno i lavori per costruire una nuova struttura: il Centro Nutrizionale che si occuperà di educazione all’igiene e alla nutrizione del neonato. Il Centro Nutrizionale è necessario per tutti quei neonati che non possiamo accogliere, dato l’alto numero di richieste, ma che comunque hanno un nucleo familiare che può accoglierli e una donna che può prendersi cura di loro imparando ad usare il biberon. La donna-tutrice sarà seguita con cadenze regolari e il Centro s’impegnerà a fornirle il latte in polvere di cui avrà bisogno.
Nel corso degli anni ci siamo accorti che spesso le difficoltà maggiori si hanno al momento del reinserimento dei bambini nelle famiglie. Molti piccoli muoiono infatti per le cattive abitudini, dettate dall’ignoranza delle tutrici, abitudini che spesso aumentano drasticamente la possibilità di contrarre malattie.
Il reinserimento in famiglia è un passo importante e uno dei compiti che l’ associazione svolge è quello di restare accanto alle famiglie e al bambino cercando le soluzioni più adeguate e permettere uno stile di vita dignitoso. Il Centro Nutrizionale servirà a facilitare questo percorso.
Il Centro “Francesco Massaro” assieme al nuovo Centro Nutrizionale hanno l’ intento di migliorare la vita dei tanti orfani presenti in Benin, dandogli la possibilità di crescere in modo sano e potersi costruire un futuro che non sia dettato dalla povertà e l’ ignoranza.
LA CITTA‘ DI ABOMEY
La città di Abomey è situata a circa 120 km da Cotonou, capitale economica del Benin, sul Golfo di Guinea.
Attualmente capoluogo dello Zou e antica capitale del regno indigeno del Dahomey, ha visto il succedersi di molti re tristemente famosi per aver alimentato la tratta di uomini deportati come schiavi. Abomey fu attaccata e distrutta dai francesi nel 1892. Si è man mano impoverita a seguito del trasferimento della capitale economica a Cotonou, il porto principale sul Golfo di Guinea. Le attività economiche si organizzano intorno all’agricoltura (olio e noci di palma) utilizzando ancora dei mezzi di produzione rudimentali e l’allevamento del bestiame non conosce un vero sviluppo nonostante i progetti messi in atto dal governo per l’inquadramento dei produttori. Nei mercati e lungo le strade le attività del piccolo commercio costituiscono la fonte primaria di risorsa per la stragrande maggioranza delle persone. Ananas, arance, mandarini, verdure e ogni genere di merce vengono vendute a tutte le ore in ogni anfratto della città. Sul piano socio-culturale la popolazione è a prevalenza animista, esiste anche una grossa comunità cristiana ed una significativa presenza musulmana.
Oltre il 40% delle famiglie sono poligame e l’età del primo matrimonio per le ragazze e attorno ai 16 anni. I matrimoni forzati ed il levirato (il cognato che sposa la moglie del fratello vedova) sono tuttora praticati. L’elevato tasso di analfabetismo, la mancanza di strutture sanitarie di livello accettabile e le scarse risorse economiche disegnano un quadro sociale assai scadente.
L’ABBANDONO DEI MINORI
La situazione sanitaria estremamente difficile, la morte delle madri al parto o subito dopo a causa di malnutrizione, la scarsa igiene, la povertà dei villaggi spiega il numero molto elevato di orfani registrato sul territorio.
Sebbene questo fenomeno non sia recente, in passato era meno visibile in quanto la solidarietà aveva ancora un senso e tutta la famiglia (nel senso patriarcale africano) si organizzava per proteggere ed assistere gli orfani, ma con lo sgretolamento continuo del potere di acquisto e lo sfascio culturale a seguito dell’incontro / scontro con la cultura dei media e del capitalismo ha portato ad un impoverimento del concetto di famiglia con la conseguenza reale che ognuno si occupa unicamente e a fatica dei propri figli.
Gli orfani sono accettati nelle famiglie solo nella misura in cui potrebbero servire come mano d’opera gratuita, non necessitando di spese per la scolarizzazione o per l’apprendimento di un mestiere. Da questo discende che non solo i piccoli orfani vengono abbandonati, ma anche i piccoli di famiglie numerose sono spesso lasciati in questi centri di accoglienza, non essendo la famiglia in grado di assistere e far fronte a tutte le necessità del piccolo.
Spesso accade che il bimbo, raggiunta l’età di 10/12 anni, venga richiamato in famiglia per essere utilizzato come mano d’opera gratuita o in alcuni casi essere venduto ad individui privi di scrupoli che li �rivendono come schiavi� all’estero per essere avviati ai campi di cotone, cacao o addirittura alla prostituzione.
LE CAUSE DELL’ABBANDONO
Secondo una ricerca dell’Università di Scienze della Salute del Benin in collaborazione con due ONG francesi (Espoir lutte contre l’infanticide e Espoir sans frontiere) l’Africa, e soprattutto paesi come il Benin (poveri ma senza guerre in corso), hanno una popolazione di età media molto bassa: ciò significa molte nascite ma anche molte morti al disotto dei 50 anni. Si può dunque ben comprendere quanto sia urgente il problema degli orfani, dei bambini abbandonati e dei cosiddetti enfants de la rue (bambini di strada).
Le cause dell’abbandono sono molteplici: dal semplice abbandono perché la famiglia è impossibilitata economicamente a mantenere il bambino, all’abbandono dovuto alla morte prematura della mamma o di entrambi i genitori, quando neppure la famiglia patriarcale non vuole o non può farsene carico.
Particolarmente tristi sono i casi di famiglie che, ormai qui come in Europa, si sfasciano ed i bambini vengono lasciati a loro stessi; ancor peggio esempi di bambini che fuggono di casa per non essere rinchiusi in centri di spiritualità animista e venir avviati alla stregoneria, oppure bambine che scappano per non essere vendute a uomini spesso molto piu’ anziani di loro che le vogliono sposare o che le vogliono avviare alla prostituzione o, ancor peggio, bambini venduti a scopo di trapianto di organi.
Ma la causa di abbandono, ed in questo caso di vero e proprio infanticidio, che piu’ lascia l’amaro in bocca, e’ viene chiamato tale qualsiasi neonato con almeno una delle caratteristiche seguenti:
- Nato prematuro
- La mamma muore nel darlo alla luce
- Nato in posizione podalica
- Se, quando nasce, non emette subito il primo vagito
- Comincia la dentizione dalla mascella superiore
- Assume certe posizioni considerate nefaste dalle credenze locali
Tali bambini sono considerati portatori di malasorte sulla famiglia e sul villaggio e così abbandonati a loro stessi nella foresta, se non uccisi direttamente da qualche membro della loro famiglia, a volte dalla stessa madre.
Molte organizzazioni locali e internazionali si stanno muovendo per fare campagne di sensibilizzazione e corsi di formazione contro l’infanticidio e per sottolineare la priorità assoluta del valore della vita umana.
Il presente progetto sta cercando proprio di operare in questa direzione con un graduale coinvolgimento all’interno del sistema educativo locale.
SUORE O.C.P.S.P
L’Istituto delle suore O.C.P.S.P. (Oblate catechiste piccole serve dei poveri) e’ nato in Benin nel 1914. L’ordine, come dice il nome, è al servizio dei poveri dove per povertà si intende povertà materiale, fisica, intellettuale e spirituale. Si occupa in modo particolare di orfani, bambini abbandonati o in situazione difficile. Inoltre si propone di rispettare e far rispettare la dignità umana dell’uomo, qualunque sia la sua condizione fisica, materiale o morale. Attualmente le suore sono oltre 200 e operano in diverse località del Paese.
L’ordine gestisce decine di case di accoglienza, orfanotrofi e piccoli ospedali. Il numero di bambini e di giovani seguiti raggiunge le 3.000 unità.
PERCHE’ ABOMEY
La scelta cade su Abomey solo perché a differenza di altri orfanotrofi visitati in questa zona, nel 2001 troviamo un numero elevatissimo di neonati che spesso non riescono e superare i tre anni di vita, ma spesso neanche i primi mesi. Vivono in ambienti sovraffollati e malsani, dove vengono nutriti poco e male e dove il contenimento e le cure sono limitate alla disponibilità di tempo del pochissimo personale.
E’ chiaro che ogni bambino e ogni età hanno bisogno di cure ed accompagnamento, ma la considerazione fatta a favore di questo progetto è quella che chi vede l’ingresso alla vita di questo mondo possa fare degnamente fare il primo passo, per poter fare bene i successivi.
La denutrizione dei piccoli neonati porta segni e ripercussioni non solo a livello fisico e psicologico, ma anche intellettivo e di apprendimento, per cui è difficile pretendere di farli diventare dei bravi studenti dai sei anni in su e aspettarsi che da adulti siano in grado di incidere in modo innovativo nelle loro comunità.
Crediamo e siamo convinti che tutti i passi siano importanti, quando si vogliono seguire dei bambini, ma si parte dal primo passo, quello che la mamma aiuta a fare.
Nel nostro caso, non essendoci la mamma, sarà il personale che ruota intorno al progetto che si prenderà cura di loro e che si preoccuperà di tutte le necessità dei piccoli.
I lavori continuano: marzo 2009 e’ stata avviata la seconda struttura e questa volta abbiamo un partner sia per la costruzione che per la gestione: il Gruppo Aleimar di Melzo.
La struttura ospitera’ a breve i bambini da due a tre anni, qui ci sara’ uno spazio dedicato a loro per giocare e per mangiare, nella prima struttura resteranno i piccolissimi insieme alle suore.
Continua il lavoro sul territorio per il recupero delle famiglie, in questo progetto l’obiettivo e’:
A OGNI BAMBINO LA SUA FAMIGLIA