UN PENSIERO PER PICCOLI GRANDI AMICI
Emozioni. Ancora un pulsare di emozioni.
Porto sempre dentro di me i segni del mio viaggio nel Benin;
il caldo della savana, il cielo profondo picchiettato di stelle,
le strade di terra rossa perdute nel nulla, gli odori, i rumori
e soprattutto il vociare argentino dei bambini.
Ogni volta che posso cerco di fare partecipe anche gli altri di questa
mia esperienza e sempre più spesso mi ritrovo a parlare della miseria
che ho visto e la povertà che sovrasta tutto e tutti, di quei bimbi
che tanto mi hanno colpito…. stipati in orfanotrofi o lasciati a
loro stessi o maltrattati solo perché femmine o schiavizzati.
Bisogna fare qualcosa per questi piccoli, prenderli per mano e riportarli
in un mondo che fino ad ora li ha solo ignorati.
Come mi ero promessa ho cominciato a dare voce ai loro bisogni,
ho preso contatto con Enti, ho incontrato persone che, molto
diligentemente, mi hanno ascoltato e apparentemente condiviso progetti.
Poi, forse per superficialità e indifferenza, forse perché i problemi
quotidiani fagocitano tutto o forse solo perchè il pensiero della
solidarietà è troppo lontano, non è accaduto niente, nessun ”si vedrà”
si è trasformato in promessa, né la promessa in una realtà tangibile.
Ci sono rimasta male, ma volendo pensare in positivo ho dato la colpa
a questa crisi mondiale che ci sta sommergendo.
……Poi ho avuto l’opportunità di fare degli incontri con bambini delle
scuole elementari e la luce della speranza si è riaccesa.
I bambini, a questa età, sono privi di pregiudizi, di rancori e di stupidi
egoismi; se capiscono di non essere ingannati si animano, si emozionano,
diventano euforici e si mettono in gioco senza riserve.
Il power-point di 15 minuti, in realtà, è durato due ore, ad ogni foto
si sono succedute domande su domande, alcune sciocche ma altre
tremendamente serie a cui non è stato facile rispondere. Hanno riso e
scherzato, hanno detto di essere entrati nella macchina del tempo,
hanno fatto confronti con racconti sentiti dai nonni e bisnonni.
Alcuni bimbi extracomunitari hanno associato foto con i loro paesi
di origine e dalle loro esperienze si sono conosciuti spaccati di
realtà ugualmente dolorosi.
Sui loro volti di volta in volta ho letto stupore per le latrine,
preoccupazione per aule così rovinate, fino ad arrivare all’indignazione
quando hanno capito che esistono paesi dove i ragazzi non hanno diritti.
Il fine degli incontri era quello di smuovere gli animi e arrivare
al concetto di solidarietà. Questi bambini hanno fatto molto di più:
hanno dimostrato la loro voglia di fare solidarietà.
E’ iniziata una pioggia di idee “Rinuncio a due pacchetti di figurine
tutte le settimane” dice Filippo. “Ogni sera raccolgo tutte le
monetine di rame” fa eco Sara. “possiamo fare una recita e far pagare
il biglietto” urlano dal fondo. “Facciamo i lavoretti eppoi li vendiamo”
dicono in coro. Nessuno ha detto ”chiedo i soldi alla mamma”!!!
Questo è stato il risultato fondamentale: questi bambini hanno capito
che la solidarietà è donare un po’ del proprio tempo e condividere le
proprie “ricchezze” con gli altri.
L’augurio è che abbiano sempre vicino adulti pronti ad aiutarli a portare
avanti le loro idee, a sostenerli in tutte le loro incertezze, senza tradirli mai.
Al termine dell’ultimo incontro si è avvicinata Francesca e mi
ha dato una busta con dei soldi: “E’ un regalo per la mia compagna
di banco nel Benin, ho festeggiato il mio compleanno,
ma ai miei amici ho detto che il regalo lo dovevano fare a lei”.
Grazie Francesca, grazie ragazzi, perché siete riusciti
a trasformarmi nel piccolo colibrì della favola che vi ho raccontato.
Pistoia, marzo 2009 Patrizia